La Cassazione torna di recente sul valore del piano di riparto approvato, conformandosi ad orientamento oramai fermo e consolidato nel tempo.
Il riferimento è alla sentenza n.10621 del 28 aprile 2017, nella cui motivazione è dato leggersi che:
<<Ed invero, l’obbligo del condomino di pagare al condominio, per la sua quota, le spese per la manutenzione e l’esercizio dei servizi comuni dell’edificio deriva dalla gestione stessa e quindi preesiste all’approvazione da parte dell’assemblea dello stato di ripartizione, che non ha valore costitutivo, ma solo dichiarativo del relativo credito del condominio.
Il verbale di assemblea condominiale, contenente l’indicazione delle spese occorrenti per la conservazione o l’uso delle parti comuni, ovvero , come nel caso di specie, la delibera di approvazione del “preventivo” di spese straordinarie, costituisce dunque prova scritta idonea per ottenere decreto ingiuntivo pur in mancanza dello stato di ripartizione delle medesime, necessario al solo fine di ottenere la clausola di provvisoria esecuzione del provvedimento ai sensi dell’art. 63 disp. Att.c.c.(Cass. 15017/2000).
Deve dunque escludersi che la delibera di approvazione assembleare del piano di ripartizione costituisca un presupposto processuale o una condizione dell’azione, posto che la legittimazione ad agire dell’amministratore per il pagamento della quota condominiale trova fondamento direttamente nelle disposizioni di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c.
A seguito dell’opposizione al decreto dunque, si dà luogo ad un giudizio di cognizione ordinaria, con onere, in assenza della delibera di approvazione del piano di riparto, per l’amministratore di provare gli elementi costitutivi del credito nei confronti del condòmino anche avuto riguardo ai criteri di ripartizione delle spese relative alle parti comuni dell’edificio, e facoltà di quest’ultimo di contestare sussistenza ed ammontare del credito medesimo azionato nei suoi confronti.>>.
La sentenza non ha alcuna portata innovativa, ribadendo principi oramai consolidati.
Deve solo aggiungersi che, data una spesa, la sua ripartizione avviene, in mancanza di diversi criteri contrattuali, in forza di legge, per cui è del tutto ovvio che lo stato di riparto -formalmente non approvato- preesista in verità nella stessa voluntas legis.
Il testo integrale della sentenza è consultabile qui.
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