Le clausole contrattuali di un regolamento possono essere modificate a maggioranza se così è stato concordato nel medesimo regolamento da tutti accettato.
E’ questa il principio di cui alla sentenza n.1992/2000 della Cassazione, che così motiva:
… vi è da ritenere, in assenza di indicazioni ermeneutiche di segno contrario, che, allorquando ha acconsentito a che nel proprio atto di acquisto fosse recepito il regolamento predisposto dall’originario costruttore – venditore, così prestandovi piena adesione, G.L. ha accettato, incondizionatamente e, si badi, senza limitazione alcuna in rapporto alla natura ed alla proiezione delle clausole regolamentari, che il regolamento, pur nella parte in cui, a suo vantaggio, deroga alla regola “legale” di cui all’art. 1126 cod.civ., fosse suscettibile di modifica a maggioranza non già all’unanimità.
Ha accettato anche ed incondizionatamente, cioè, che il suo diritto disponibile alla più – per lui – favorevole ripartizione delle spese di manutenzione del lastrico solare in uso alla sua proprietà operasse come “suscettibile di affievolimento a maggioranza non già all’unanimità”, sicché la degradazione del suo diritto, ovvero l’operatività del – per lui – più oneroso criterio di cui all’art. 1126 cod. civ. è espressione della sua volontà o, quanto meno, non è avvenuta in contrasto con la sua volontà (cfr. Cass. 25.3.1987, n. 2888, secondo cui, allorquando una clausola di un regolamento di condominio di natura contrattuale stabilisca, senza distinzioni, che le norme contenute nel medesimo “sono revocabili e suscettibili di modifiche ed aggiunte, purché queste risultino approvate dall’assemblea con le maggioranze necessarie per legge”, il giudice del merito, chiamato ad accertare se sia legittima una delibera assembleare maggioritaria con la quale le spese di portierato siano state poste anche a carico dei condomini proprietari dei locali esterni e interrati dell’edificio che una norma di detto regolamento esonerava, invece, dal concorrere a tali spese, non può risolvere il problema, nel senso della illegittimità, esclusivamente sulla base del principio generale secondo cui le norme condominiali sorte per contratto possono essere modificate solo col consenso di tutti i contraenti ove tali modifiche riguardino diritti sostanziali dei contraenti stessi e non la semplice disciplina dell’uso e delle modalità di godimento delle cose comuni, ma deve indagare se la surriferita clausola non deroghi a questo principio, avvalendosi, a tal fine, degli strumenti interpretativi offerti dal codice civile e, in particolare, dall’art. 1367 che impone, nel dubbio, di interpretare le singole clausole “nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”).
Il dictum è ancora una volta lucida e puntuale applicazione dei principi di legge, tali per cui, se vi è un contratto e per contratto ho accettato che una cluasola possa modificarsi anche senza il mio consenso, e quindi non all’unanimità, tale contratto è valido, e per tale via una clausola regolamentare avente portata ed efficacia contrattuale è modificabile anche senza l’unanimità dei consensi.
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(8 m.ti w-l)
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