La responsabilità solidale del condomino subentrante per i debiti del suo dante causa non può estendersi oltre il biennio previsto dall’art.63 d.a.c.c., neppure in forza di apposita clausola del regolamento.
E’ questa l’importante conclusione raggiunta dalla Suprema Corte con la sentenza n.10346 del 12 aprile 2019.
IL CASO: un condòmino, divenuto – nell’ambito di procedura esecutiva- proprietario di una unità immobiliare dello stabile impugnava delle delibere condominiali lamentando l’errato addebito ad esso stesso di oneri condominiali maturati per la morosità del precedente proprietario già esecutato.
Esponeva, poi, che andava ritenuto illegittimo l’articolo del Regolamento del convenuto Condominio (norma che poneva a carico del nuovo proprietario anche i debiti per contributi condominiali maturati da precedente condomino) in quanto in violazione del disposto di cui agli artt. 72 e 63 disp. att. c.c. .
Esponeva, poi, che andava ritenuto illegittimo l’articolo del Regolamento del convenuto Condominio (norma che poneva a carico del nuovo proprietario anche i debiti per contributi condominiali maturati da precedente condomino) in quanto in violazione del disposto di cui agli artt. 72 e 63 disp. att. c.c. .
La Corte di Appello, in riforma della sentenza di prime cure, – citando proprio precedente- affermava il principio per cui “l’accollo al condomino avente causa degli oneri condominiali inadempiuti, di cui all’art. 63 disp. att. c.c. è norma inderogabile ex art. 72 disp. att. c.c. nel senso che alcuna disposizione contrattuale o regolamentare può esonerare il condomino avente causa dall’obbligo suddetto nel limite minimo dei contributi omessi per l’anno in corso e quello precedente, mentre è riconducibile all’autonomia del regolamento condominiale di natura contrattuale di disporre a carico dell’acquirente condomino l’accollo di debiti maturati , costituenti “obligationes propter rem”, dal condomino dante causa in esercizi precedenti”.
La vicenda giunge alla Suprema Corte che, con arresto n.10346 del 12/4/2019, ribalta il giudizio, esponendo l’assoluta inderogabilità degli artt.63 e 72 d.a.c.c., e quindi ritenendo che il limite dei due anni sia assolutamente inderogabile. Così la Suprema Corte in motivazione:
… tale ricostruzione operata dal Giudice di appello, in riforma di quella svolta dal Tribunale di prime cure, si tende all’affermazione di un principio, invero innovativo, per cui il limite temporale (biennale) per il pagamento dei contributi condominiali pregressi da parte del condomino subentrate a precedente condomino moroso costituirebbe un limite inderogabile ma solo nel limite minimo e non nel massimo.
Si ipotizza, quindi, la possibilità di deroga per affermare la possibile responsabilità del nuovo condomino anche per le morosità condominiali arretrate oltre il biennio precedente all’acquisto dell’unità immobiliare condominiale.
L’affermazione della impugnata sentenza non può essere condivisa sotto un duplice profilo.
Innanzitutto la stessa, con un’interpretazione additiva ed estensiva rispetto alla chiara volontà della norma de qua, amplia oltremodo i margini temporali retroattivi della responsabilità solidale dell’acquirente di una proprietà condominiale.
Così facendo la decisione oggi gravata innanzi a questa Corte finisce per creare, con l’artificioso ricorso ed il riferimento all’autonomia regolamentare condominiale ed alle obligatìones propter rem, una estensione non prevista dalla legge del particolare tipo di responsabilità solidale del nuovo condomino.
Quest’ultimo, giova ricordare, è comunque estraneo -prima dell’acquisto- al regolamento condominiale, la cui autonomia non può mai esercitarsi contro una ben precisa inderogabilità voluta dalla citata norma di attuazione del c.c. anche all’evidente fine di non alimentare incertezze sui limiti della responsabilità de qua in concreto oltremodo ostativi alla circolazione dei beni (che è bene ancorare a certezza del diritto e non ad incertezze interpretative).
In secondo luogo ed ancor più decisivamente va osservato quanto segue.
Tutto il ragionamento su cui è fondato il dictum della Corte piemontese poggia su una ricostruzione della parziale inderogabilità (solo nel minimo) del predetto limite ex art. 63 cit. in via interpretativa e sul un fondante presupposto espressamente affermato : “il regolamento condominiale di natura contrattuale può disporre a carico dell’acquirente condomino l’accollo di debiti maturati, costituenti “obligationes propter rem”, da parte del condomino dante causa in esercizio precedenti” all’acquisto.
L’Assunto è, quindi, fondato sulla possibilità di configurare i predetti debiti come obligationes propter rem.
Senonchè – aspetto questo, decisivo, ma eluso dalla valutazione della Corte a quo- la predetta configurabilità dei medesimi debiti come è del tutto ed univocamente esclusa dalla giurisprudenza di questa Corte.
Giova, all’uopo, rammentare i principi – già affermati da questa Corte- per cui, “in tema di condominio negli edifici, la responsabilità solidale dell’acquirente di una porzione dì proprietà esclusiva per il pagamento dei contributi dovuti al condominio dal condomino venditore è limitata al biennio precedente all’acquisto, trovando applicazione l’art. 63, (già) secondo co., disp. att. c.c. e non già l’art. 1104 c.c. atteso che, ai sensi dell’art. 1139 c.c., le norme sulla comunione in generale si estendono al condominio soltanto in mancanza di apposita disciplina” ( Cass. 27 febbraio 2012, n. 2979).
La conclusione raggiunta dalla Cassazione pare non del tutto corretta, in quanto non v’è dubbio che, trattandosi di semplici valori economici, per contratto il subentrante possa accollarsi i debiti del dante causa anche oltre il biennio.
Il problema però di un limite di tal fatta, posto da una clausola contrattuale cui il subentrante non ha partecipato, è quello dell’opponibilità di essa al terzo che non l’abbia accettata, o addirittura non l’abbia proprio conosciuta prima.
Da questo punto di vista, il ricorso all’obbligazione cd. propter rem pare una vera furbata, visto che tale tipo di obbligazioni si applicano a prescindere dalla loro conoscenza, e da questo punto di vista bene ha fatto la Cassazione a negarne l’ingresso.
Deve ritenersi, però, che il subentrante possa anche obbligarsi verso il condominio ed il dante causa a pagare i debiti oltre il biennio, purché tale obbligo derivi da una clausola accettata dallo stesso, come sarebbe certamente l’approvazione espressa nell’atto del regolamento condominiale esistente.
La sentenza integrale è visionabile qui.
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(15 m.ti w-l)
TEAMACAI
Buonasera sono FM avrei bisogno di un chiarimento, ove e se possibile.
In un condominio, Tizio diviene proprietario di un immobile con decreto di trasferimento del Tribunale del 02/11/2017.
Va da se che a norma di legge (ex art. 63 disp att), tale ultimo dovrebbe pagare le quote dell’anno 2017 e del 2016.
Nella seduta del 14/09/2017, l’assemblea approva il bilancio consuntivo 2016, e preventivo 2017.
L’amm.re pertanto imputa al VECCHIO PROPRIETARIO, gli oneri del 2015 (arretrati) e del 2016.
Nella seduta del 16/04/2018, l’assemblea condom. approva il bilancio 2017 (consuntivo) e 2018 (preventivo) che include anche gli oneri arretrati provenienti dal bilancio 2016 e prima ancora del 2015. L’amministratore, pertanto, richiede al NUOVO PROPRIETARIO gli oneri condominiali del 2015 (arretrati) del 2016 del 2017 sebbene sul bilancio sia ancora indicato il vecchio proprietario. Nella medesima seduta, peraltro, il nuovo proprietario giunge in assemblea al momento della votazione del secondo punto all’o.d.g. che non riguarda l’approvazione suddetta. Successivamente, il NUOVO PROPRIETARIO, invia una nota all’amm.re contestando il pagamento degli oneri derivanti dal bilancio 2015, poiché secondo quanto previsto dal Decreto di trasferimento, egli avrebbe dovuto pagare solo gli oneri del 2016 e del 2017, nonché ovviamente tutti quelli successivi.
Il 28 maggio 2019, ad esclusione del NUOVO PROPRIETARIO che si oppone formalmente, viene approvato il bilancio 2018 (consuntivo) e 2019 (preventivo), che include gli oneri condominiali arretrati del 2015. Il NUOVO PROPRIETARIO in data 30/05/2019 inviava una nuova comunicazione all’amm.re per contestare l’addebito postogli a carico (2015), senza esito, pertanto chiama in mediazione il condominio per risolvere la questione, ma anche qui senza esito.
Segue citazione dinanzi il GdP per annullamento della delibera che tuttavia non è stata ancora iscritta a ruolo.
Il condominio vorrebbe evitare il contenzioso riconoscendo di aver commesso un errore allorquando ha imputato al NUOVO P. anche gli oneri del 2015.
Si vorrebbe pertanto arrivare ad una transazione, il cui contenuto resta dubbio, poiché non credo si possa annullare il verbale del 28/05/2019.
Sperando di essere stato sufficientemente chiaro, attendo un vostro cortese riscontro.
Fm
Stimato Associato,
il nuovo proprietario ha ragione nei limiti che seguono.
Come da articolo in commento, per legge il nuovo proprietario deve pagare solo quanto indicato nell’art.63 d.a.c.c., e cioé il 2016 e 2017, non il 2015, che correttamente è stato imputato al vecchio proprietario all’epoca.
Giova, peraltro, evidenziare, che le obbligazioni di pagamento condominiali sono del tutto particolari, perché non sono ad personam, ma sono obbligazioni ccdd. propter rem perché gravano sulla cosa, e solo di rimando sulla persona, giacché l’obbligato è individuato come tale solo perché si trova in rapporto qualificato con il bene nel momento in cui sorge l’obbligazione condominiale.
In verità, nei rendiconti solo per facilità di lettura sono indicati i nomi del condomini, perché ad essere gravata dell’obbligo è la cosa, e non le persone, che ne restano individuate solo per relationem.
Ciò posto, una volta chiarito che i debiti sono sull’unità, e non sulle persone, è chiaro che il condominio ha correttamente approvato tali somme, in quanto effettivamente gravanti su quell’immobile; deve poi essere l’amm.re a dover correttamente imputare il dovuto, di certo non potendo richiedere quanto dalla legge inderogabilmente stabilito.
Nè una delibera inimpugnata può creare in tal caso una obbligazione su di un condomino, che sarebbe radicalmente nulla ove ciò sia possibile perché, come detto, il debito è sul bene, e non sulle persone. Il debito nasce sul bene, non sulle persone. Di quel debito, poi, rispondono il vecchio proprietario ed il nuovo in base a quanto dice la legge. Punto. Quindi, il condominio ha ben deliberato l’esistenza del debito su quell’immobile, e l’errore è solo nella richiesta dell’amm.re, giacché deve chiedere al nuovo solo quanto da questi dovuto, e non di più.
Migliori Saluti
avv. Danilo Corona