La cooperativa, ultimata la costruzione, ha il dovere di assegnare ai soci, che, quindi, divengono condòmini, non solo alloggi, garage e cantine di proprietà esclusiva, ma, pro quota indivisa, ogni altra parte dell’edificio, del cortile, di ambienti, locali ed aree accessorie d’uso comune.
E’ nulla la clausola con cui la cooperativa si riserva la proprietà del piano pilotis per ricavarne immobili da cedere a terzi, essendo ciò in contrasto con il principio mutualistico che governa la materia.
Sono questi i principi ribaditi dalla Cass. 10355 del 12 aprile 2019, che così motiva:
Qualunque diversa destinazione di tutto o di parte del fabbricato dalla soddisfazione solidaristica dell’accesso alla casa d’abitazione contrasta con la normativa imperativa sotto duplice profilo, in quanto svia lo scopo di legge, per la persecuzione del quale vengono sacrificati i diritti di terzi (il proprietario del terreno) e, allo stesso tempo, perverte l’assetto urbanistico.
… la rivendicata riserva di proprietà del piano piloty e di altre spazi contrasta frontalmente con quanto disposto dal T.U. sull’edilizia economica e popolare del 28/4/1938, n. 1165… non si vede come il piano piloty, che altro non è che l’area a giorno del piano terra, sulla quale insistono i pilastri dell’edificio condominiale, e gli altri ambienti facenti parte dell’edificio e del cortile di esso e destinati all’uso collettivo di tutti i condomini, possano essere sottratti alla loro destinazione legale.
L’art. 201 del medesimo corpo normativo si premura di premettere che «Le disposizioni contenute nel presente Titolo costituiscono parte integrante del contratto di assegnazione definitiva dell’alloggio cooperativo e di mutuo edilizio individuale stipulato o da stipularsi tra il socio e la cooperativa cui egli appartiene e la Cassa depositi e prestiti». …Converge, peraltro, sullo stesso risultato la disciplina codicistica del condominio e, in particolare/la previsione di cui all’art. 1117, a mente della quale rientrano indubbiamente fra le parti comuni quelle fatte oggetto della riserva della cooperativa edilizia con gli atti di assegnazione.
Riserva che non avrebbe potuto essere posta, in quanto la cooperativa, ultimata la costruzione, ha il dovere di assegnare ai soci, che, quindi, divengono condòmini, non solo alloggi, garage e cantine di proprietà esclusiva, ma, pro quota indivisa, ogni altra parte dell’edificio, del cortile, di ambienti, locali ed aree accessorie d’uso comune.
Invero, è evidente, a questo punto del ragionamento, che la finalità dell’intervento edilizio e di mutualità della cooperativa, la quale esaurisce il suo scopo sociale con la conclusione del suo programma edificatorio, senza che residui anelito giuridicamente tutelabile al perseguimento di interessi lucrativi, non consentiva di lecitamente porre la riserva.
Lo scopo mutualistico di una società cooperativa è caratteristica essenziale del suo atto costitutivo, ed anche presupposto indefettibile per il godimento della speciale disciplina “di favore”, e dunque si traduce nell’indisponibilità, da parte dell’assemblea o del consiglio di amministrazione, del diritto di ciascun socio di partecipare ai programmati benefici dell’attività societaria. Detto scopo, nel caso di una cooperativa edilizia, non tollera la cessione a terzi degli alloggi edificati, ove la cessione medesima non sia mero strumento per il conseguimento dei fini istituzionali ed il miglior soddisfacimento delle posizioni costituite in capo al socio, ma esprima una scelta contrapposta al fine mutualistico, con il compimento di attività commerciale di tipo lucrativo e lesione di quelle posizioni. Da ciò consegue che, nel caso di estraneità del cessionario alla compagine sociale e dell’elusione dei diritti insorti in favore del socio per effetto dell’operazione mutualistica e del contratto di “prenotazione”, la delibera di alienazione del bene sociale è affetta da radicale nullità, per illiceità dell’oggetto, ai sensi dell’art. 2379 cod. civ. reso applicabile dal rinvio di cui all’art. 2516 cod. civ. (Sez. 1, n.10602, 25/9/1999, Rv. 530252).
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(10 m.ti w-l)
TEAMACAI
Se trasformate e vendute a terzi le aree dalla Cooperativa ed il ricavato è entrato nelle casse della stessa, quindi dei soci per la realizzazione dello scopo sociale, quest’ultimi (i soci) si sono avvantaggiati del ricavato e saranno tenuti alla restituzione oppure no??
Egr. Utente,
giuridicamente si.
Migliori Saluti
avv. Danilo Corona
Grazie, per la risposta. Quindi se la Cooperativa edilizia ha escluso dalle parti comuni, trasformato ed alienato a terzi il piano pilotis ma ha comunque realizzato lo scopo istituzionale per i propri soci, anzi realizzando capitali che hanno abbassato il costo totale dei singoli alloggi non ha posto in essere un atto nullo… ma anzi meritevole di tutela.
Egr. Utente,
ha frainteso -evidentemente- la risposta; l’atto rimane nullo, con le conseguenze di legge.
Cordiali Saluti
avv. Danilo Corona
salve, una domanda.
il mio condominio(Q3) fa parte di un complesso di condomini tra i quali ci sono parti comuni gestite in supercondominio.
può il mio condominio chiudere l’accesso del piano pilotis agli estranei, nonostante abbia nell’anno di costruzione 1973 firmato dei fogli dove si lasciavano servitù di passaggio con la seguente dicitura( la cooperativa acquirente inoltre ai sensi dell’art. 1 del capitolato suddetto, consente espressamente la costituzione di servitù di uso pubblico di libero transito sui lotti acquistati, che siano eventualmente interessati da viabilità di quartiere, anche per le parti sottopassanti i fabbricati)? premetto che porre dei cancelli a chiusura del pilotis non priverebbe le persone degli altri condomini(R1; R2; Z4…etc etc…) confinanti di entrare nei propri condomini.
grazie mille
Andrea Menni
Egr. Utente,
non è possibile dare una risposta fondata senza leggere e valutare tutti gli atti e verificare lo stato dei luoghi prima; un semplice estratto potrebbe non bastare. Inoltre, bisognerebbe chiarire cosa Lei intende fare per “chiudere l’accesso del piano pilotis agli estranei”.
Saluti
avv. Danilo Corona