La Corte di Cassazione, a Sezione Unite, si prepara ad affrontare l’importante questione relativa alla eccezione di inopponibilità al condomino non accettante delle clausole contrattuali del regolamento condominiale non trascritto.
In altri termini, la Suprema Corte dovrà decidere se l’eccezione relativa alla mancata trascrizione del regolamento e, conseguentemente, la dedotta inopponibilità dello stesso agli acquirenti, sia una eccezione “in senso stretto”, rilevabile solo su istanza di parte tempestivamente sollevata, ovvero sia rilevabile d’ufficio (essendo una mera difesa e non una eccezione in senso stretto) e, in quanto tale, deducibile in ogni tempo.
Allo stato, considerando la totale equiparazione della conoscenza effettiva a quella legale derivante dalla trascrizione, la questione sostanziale relativa alla opponibilità delle clausole limitative dei poteri e delle facoltà spettanti ai condòmini sui singoli appartamenti può riassumersi nei termini che seguono, rimanendo il dubbio se, in assenza di trascrizione, basti un richiamo generico nell’atto di acquisto al regolamento per far ritenere conosciute le clausole limitative in esso contenute, ovvero occorra in tale atto una specifica approvazione delle singole clausole:
- la Corte di Cassazione, proprio in merito all’efficacia del regolamento e alla necessità, o meno, della sua trascrizione ha proprio di recente rilevato che: <<il rapporto tra approvazione del regolamento e trascrizione dello stesso va chiarito – alla luce della giurisprudenza di questa Corte (cfr. in particolare Cass. 17 marzo 1994, n. 2546) – nei termini che possono così riassumersi: a) il regolamento condominiale che contenga limitazioni ai diritti di proprietà dei singoli condomini deve essere approvato da tutti i partecipanti al condominio con atto di natura negoziale; b) per avere efficacia nei confronti dei successori a titolo particolare di coloro che hanno approvato dette limitazioni devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari; c) la trascrizione non è tuttavia necessaria se il regolamento è richiamato nei singoli atti d’acquisto, perché in questo caso il vincolo scaturisce non dalla opponibilità, ma dalla accettazione delle disposizioni che limitano i diritti dominicali dei singoli>> (Cass. n. 22582/2016).
- le clausole che impongono il divieto di destinare i locali di proprietà esclusiva a determinate attività -per essere opponibili ai terzi- devono essere trascritte nei registri immobiliari, oppure essere menzionate ed accettate espressamente nei singoli atti d’acquisto (Cass. 6100/93; Cass. 7396/2012: <<non bastando il mero richiamo delle stesse nella nota di trascrizione dall’atto di acquisto>>).
- per altre sentenze, il riferimento nell’atto d’acquisto dell’immobile del regolamento, purché in modo chiaro ed esplicito, vincola contrattualmente l’acquirente e il venditore, giacché la sola menzione ne presuppone la conoscenza e l’accettazione (Cass. 17886/2009; Cass. 10523/2003; Cass. 395/1993; Cass. 4905/1990. Da ultimo: Cass. 19212/2016 e Cass. 22310/2016).
Ciò posto, la Cassazione sarà chiamata a decidere se si tratti di mera difesa, ovvero di eccezione in senso stretto; in verità, pare che sia ragionevole pensare che, nei casi in cui il regolamento esista, la questione della non conoscenza non possa che essere rimessa alla eccezione di parte, ben potendo il terzo conoscere il vincolo sebbene il regolamento non sia stato trascritto.
Ciò dovrebbe consentire di risolvere anche l’altra questione connessa su cui si dovrà pronunciare la Cassazione, e cioè l’ulteriore profilo della rilevabilità della questione relativa alla mancata trascrizione di un atto, nella specie sollecitata dalla parte in sede di comparse conclusionali, ove tale rilievo faccia seguito allo svolgimento di iniziali difese incompatibili con la stessa negazione dell’opponibilità di detto atto.
Invero, nel momento in cui si rende incontestata la questione della conoscenza, dando per provato che si conosceva il regolamento, come potrebbe poi sostenersi che invece tale regolamento non era conosciuto? Il problema, quindi, si sposta sul profilo dell’onere probatorio e sul valore delle contestazioni tardive nel processo civile odierno.
Pare doversi dire in questa sede che si tratta di una eccezione in senso stretto, da sollevare tempestivamente. Ma l’ultima parola spetta, ovviamente, alla Cassazione.
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