Importante sentenza della Cassazione presa nell’imminenza delle recenti ed appena trascorse festività natalizie, recante due importanti principi.
La Suprema Corte, infatti, con la sentenza n. 25288 del 16/12/2015, afferma da un lato che i criteri di ripartizione delle spese ex art. 1126 del c.c. (riguardanti i lastrici solari di proprietà esclusiva) non incidono sulla legittimazione processuale del condominio nella sua interezza, e quindi del suo amministratore, il quale è sempre tenuto a curare la conservazione delle parti comuni ex art. 1130 c.c..
A nulla, pertanto, rileva la circostanza dedotta in giudizio che il problema è stato generato da una parte dell’edificio non comune a tutto il Condominio quanto alla individuazione del legittimato passivo da evocare in causa.
La stessa Cassazione ribadisce, poi, che i singoli condomini sono legittimati ad impugnare personalmente la sentenza sfavorevole emessa nei confronti del condominio, notificando il gravame all’amministratore, senza che abbia rilievo che la maggioranza dei partecipanti abbia deliberato di prestare acquiescenza alla decisione avversa.
Ne viene così confermato il tradizionale orientamento giurisprudenziale quanto ai rapporti tra legittimazione processuale dell’amministratore di condominio ed intervento in giudizio del singolo condomino.
Si ravvisa, cioè, nella legittimazione processuale dell’amministratore di condominio, ex art. 1131 c.c., una semplice deroga alla disciplina valida per ogni altra ipotesi di pluralità di soggetti del rapporto giuridico dedotto in lite, finalizzata a sopperire all’esigenza di rendere più agevole la costituzione del contraddittorio nei confronti del condominio, senza la necessità di promuovere il litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini. questo porta a ravvisare una forma di rappresentanza processuale reciproca, attributiva a ciascuno di una legittimazione sostitutiva, nascente dal fatto che ogni compartecipe non potrebbe tutelare il proprio diritto senza necessariamente e contemporaneamente difendere l’analogo diritto degli altri.
Ragionando così, il condomino che intervenga personalmente nel processo in cui sia già parte l’amministratore ed in cui sia dedotta una situazione giuridica ascrivibile alla collettività condominiale, non si comporta come un terzo che si intromette in una vertenza fra estranei, ma appare come una delle parti originarie determinatasi a far valere direttamente le proprie ragioni (Cass., 16 maggio 2011, n. 10717; Cass., 28 agosto 2002, n. 12258; Cass., 25 maggio 2001, n. 7130).
La stessa impostazione induce a ritenere ammissibile altresì l’impugnazione da parte del singolo condomino della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, senza alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei singoli condomini non appellanti, né intervenienti in appello, e senza che ciò determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei confronti di questi ultimi (cfr. Cass., 21 giugno 1993, n. 6856).
Al contrario, non si reputa configurabile il riconoscimento, a favore del singolo condomino, il quale non si sia costituito personalmente nel relativo giudizio, della facoltà di proporre opposizione di terzo avverso una sentenza emessa in un giudizio del quale sia stato parte l’amministratore.
(9,5 m.ti w-l)
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