CONDOMINIO E DISCIPLINA LEGALE DEL CONSUMATORE

Al contratto concluso con un professionista da un amministratore di condominio si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l’amministratore come mandatario con rappresentanza dei singoli condomini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.

La Corte di cassazione, con ordinanza n. 10679 del 22 maggio 2015 ha ribadito il principio (già affermato da Cassazione n. 10086/ 2001) secondo cui al contratto concluso con un soggetto professionista da un amministratore di condominio si applica la disciplina di tutela del consumatore, agendo l’amministratore stesso come mandatario con rappresentanza dei singoli condòmini, i quali devono essere considerati consumatori, in quanto persone fisiche operanti per scopi estranei ad attività imprenditoriale o professionale.

Ciò perché non si potrebbe considerare parte del contratto il condominio, definito, secondo una tradizionale qualificazione, ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti.

La conclusione rimane così in linea con l’assunto secondo cui gli effetti dell’attività contrattuale compiuta dall’amministratore – ovvero le modificazioni patrimoniali provocate dai rispettivi rapporti obbligatori – vanno riferiti sempre direttamente ai singoli condomini.

Il che porta a pensare, però, che, se gli effetti dei contratti stipulati per conto del condominio dal suo amministratore sono davvero destinati a far sorgere immediatamente in capo ai singoli partecipanti i diritti e gli obblighi da essi derivanti, allora dovrebbero ravvisarsi tanti distinti contratti con il terzo per quanti siano uno ad uno i condomini.

L’unitarietà dell’iniziale volontà di obbligarsi espressa dall’assemblea o dall’amministratore si frantumerebbe così in una pluralità di decisioni individuali, occasionalmente raggruppate in un unico testo e quindi costitutive di una pluralità di rapporti di credito e di debito, con riflessi relativi tanto all’esercizio delle prerogative spettanti ai contraenti, quanto alla legittimazione alle impugnative contrattuali.

Occorre però subito chiedersi a quali  approdi potranno condurre gli insegnamenti contenuti in Cass. sez. un. 18 settembre 2014, n. 19663, laddove si è negato che il singolo condomino possa essere ritenuto parte di un giudizio civile qualora sia rappresentato dall’amministratore.

Potrebbe allora proprio iniziarsi col dubitare della rilevanza per i contratti condominali della disciplina consumeristica.

Se si conviene, traendo spunto da Cass. sez. un. 18 settembre 2014, che parte del contratto concluso dall’amministratore è proprio l’ente condominio, sarebbe impossibile applicare ad esso la disciplina di controllo sostanziale del contenuto contrattuale compresa nel d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, secondo la generale convinzione della non operatività di tale normativa in favore dei soggetti giuridici, diversi dalle persone fisiche, che comunque contraggano per soddisfare esigenze di consumo, e, quindi, per scopi non professionali.

(8 m.ti w-l)

TEAMACAI

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