Recentemente il Garante della privacy, con il provvedimento n. 106 del 19 febbraio 2015, ha affermato che l’amministrare di condominio non può chiedere al condomino la copia dell’atto di compravendita.
Nel caso di specie il proprietario ricorreva al Garante in quanto il suo l’amministratore aveva acquisito copia del rogito notarile di compravendita dell’unità Immobiliare, chiedendogli pure il rimborso dell’estrazione della copia. Secondo l’amministratore aveva solo esplicato il dovere previsto dall’articolo 1130, comma 1, n. 6 codice civile che impone l’obbligo di curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale.
Ma il problema è se per adempiere questo obbligo, l’amministratore sia legittimato o meno ad acquisire l’atto integrale oppure si deve limitarsi a chiedere i dati necessari senza acquisire documentazione relativa.
Il garante, ha precisato che i condomini non hanno lo specifico obbligo di allegare atti o copie di essi a riprova delle dichiarazioni rese; la richiesta di informazioni avanzata dall’amministratore di condominio deve limitarsi alla sola comunicazione dei dati da Inserire nel registro, ed è esclusa la richiesta di ottenere copia dell’atto di compravendita ed è anche illegittimo reperire il rogito presso i pubblici registri: è un trattamento eccedente rispetto a quanto previsto dal codice della privacy.
Ciò tuttavia si scontra con il fatto che l’atto notarile è un atto pubblico che, una volta confezionato, è res publica che il notaio è tenuto soltanto a custodire, per cui deve rilasciarne copia autentica a chiunque ne abbia interesse.
Le norme che prescrivono questo obbligo sono gli artt. 1, 67, 68 e 69 della legge notarile ed altresì l’art. 743 c.p.c., il quale ultimo prevede l’obbligo di qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia di quanto detiene, a rilasciare copia autentica a chiunque ne abbia interesse, anche se non si tratti di soggetto che sia stato parte nell’atto depositato.
Per effetto di questa norma nessun notaio può rifiutare di rilasciare copia dell’atto pubblico conservato a chiunque ne faccia richiesta, senza alcuna possibilità di porre ostacoli derivanti da privacy o dal segreto professionale.
La richiesta di copia autentica di un atto presuppone che il richiedente effettui la richiesta in modo circostanziato, per cui occorre che il richiedente sia certo che la copia esiste e che egli ponga il notaio nella condizione di addivenire rapidamente all’individuazione dell’atto: numero di repertorio, numero di raccolta, nome delle parti, data dell’atto; questo sarebbe l’optimum, ma certamente basterebbe l’indicazione delle parti, poiché il notaio ha uno strumento apposito per risalire dalle parti all’atto richiesto.
Va da sé che tutti gli atti che il notaio conserva in modo informale (documentazione acquisita, depositi fiduciari etc.) non rientrano nell’obbligo di rilascio di copia e sono fatti salvi dal divieto di intaccare il segreto professionale.
Considerata la natura pubblica degli atti di compravendita immobiliare, difficile comprendere la sanzione addossata all’amm.re che vada alla ricerca dell’atto pubblico ove abbia un sentore che le comunicazioni rese dal condomino siano incomplete o errate.
Al massimo, un problema dovrebbe porsi solo in ordine all’onere della spesa, per cui dovrebbe ritenersi che il costo di tale copia dovrebbe gravare solo sugli altri condomini ove poi l’atto risulti conforme alle dichiarazioni già rese dal condomino, ma nulla più.
(10 m.ti w-l)
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