ASSEGNO CONDOMINIALE E PROTESTO DELL’AMM.RE

La responsabilità esclusiva dell’emissione del titolo va imputata a chi lo ha sottoscritto: questi, laddove non specifichi la sua qualità di legale rappresentante dell’ente, si esporrà al protesto nel caso in cui il conto dal quale l’assegno è tratto risulti privo di provvista.

In altre parole, l’amm.re che firma una assegno “condominiale” senza che dal titolo appaia tale sua funzione verrà protestato in proprio ove l’assegno rimanga impagato.

E’ questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza emessa il 12 novembre 2013, n. 25371.

Precisamente la sentenza statuisce che «i requisiti per la valida assunzione di un’obbligazione cartolare in nome altrui sono, ai sensi dell’articolo 14 del r.d. 1736/33, non solo l’esistenza di una procura o di un potere “ex lege” ma anche l’apposizione della sottoscrizione sul titolo con l’indicazione di tale qualità pur senza l’assunzione di formule sacramentali e con le sole modalità idonee a rendere evidenti ai terzi l’avvenuta assunzione dell’obbligazione in nome altrui. In mancanza di tale specificazione le conseguenze giuridiche conseguenti all’emissione del titolo sono esclusivamente a carico di chi risulti averlo sottoscritto» (Conforme Cass. civ., sez. III, 28 giugno 2005, n. 13906).

Il fatto: una amministratrice di un condominio emetteva un assegno bancario tratto dal conto corrente condominiale; tuttavia, a causa della mancata “copertura” di detto assegno, veniva elevato un protesto a nome dell’amministratrice in proprio, dal momento che, in fase di emissione, non ne era stata in alcun modo specificata la sua qualità di legale rappresentante del condominio.

Il Tribunale, confermando la pronuncia del giudice di pace, respingeva l’appello successivamente promosso dall’ex amministratrice avente ad oggetto l’opposizione a detto protesto: il giudice, in particolare, osservava che il rapporto che si instaura tra amministratore e condominio è qualificabile come un mandato con rappresentanza, in forza del quale gli effetti dell’attività del primo si producono direttamente nella sfera giuridico-patrimoniale del secondo, a patto, però, che del mandante si spenda il nome; in caso contrario, gli effetti si consolidano in capo al mandatario.

Nel caso di specie, dunque, legittimamente il protesto era stato imputato all’amministratrice-mandataria: l’emissione dell’assegno era da ricondurre alla sfera di quest’ultima, non già a quella dei condomini mandanti, «essendo peraltro il […] mandatario tenuto a verificare l’esistenza e la capienza della provvista» e configurando tale mancato controllo come «negligenza inescusabile», precisa il Tribunale.

Contro detta pronuncia, l’ex-amministratrice proponeva ricorso per Cassazione.

Ma i giudici di legittimità conferma la legittimità del protesto, chiarendo che «il protesto deve essere elevato nei confronti di chi abbia emesso il titolo secondo quello che risulta dalla firma di emittenza o di traenza. Ove si ravvisino esplicitamente nel titolo indici univocamente attestanti l’esistenza di un rapporto di rappresentanza, il protesto deve essere elevato nei confronti del rappresentato. Nell’ipotesi contraria la responsabilità esclusiva dell’emissione del titolo e della sua circolazione fuori delle condizioni previste dalla legge è a carico di chi lo abbia sottoscritto».

In virtù infatti del disposto dell’art. 14, r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736, espressamente richiamato dalla Suprema Corte, «Chi appone la firma sull’assegno bancario quale rappresentante di una persona per la quale non ha il potere di agire, è obbligato per effetto dell’assegno bancario come se l’avesse firmato in proprio».

Del resto, analogo orientamento manifesta la giurisprudenza nell’ipotesi di assegno emesso (o girato) da un ente collettivo (persona giuridica, società commerciale): si richiede infatti che «la dicitura di emissione o di girata, se pur non deve necessariamente contenere una specifica formula dalla quale risulti il rapporto di rappresentanza, sia tale da esplicitare un collegamento tra il firmatario e l’ente, così che non vi siano dubbi in ordine al fatto che la dichiarazione cartolare sia stata emessa dal sottoscrittore in nome e per conto dell’ente» (Cass. civ., sez. I, 9 giugno 2006, n. 13463; Cass. civ., sez. I, 23 aprile 2004, n. 7761).

Il principio di letteralità dei titoli di credito. Nel dettato dei giudici di legittimità si coglie inoltre il riferimento ad una delle regole fondamentali in materia di disciplina dei titoli di credito, il principio di letteralità: in virtù di tale regola ciò che sul titolo è scritto determina la sussistenza e le caratteristiche dei diritti sul medesimo fondati; atteso il medesimo principio, dunque, nelle fattispecie analoghe a quella in commento la firma di traenza apposta dal rappresentante senza spendere il nome dell’ente rappresentato, né menzionare il rapporto di rappresentanza, è inidonea a vincolare l’ente, ed espone conseguentemente il sottoscrittore al protesto.

(14 m.ti w-l)

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