E’ noto che l’art.1136, 6° comma, c.c. prescrive che <<l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati>>, e che l’articolo 66, 3° comma, delle d.a.c.c. dispone che <<l’avviso di convocazione delle assemblee deve essere comunicato ai condomini almeno cinque giorni prima a mezzo raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano e che in caso di omessa, tardiva o in completa convocazione, la deliberazione assembleare è annullabile su istanza dei condomini dissenzienti o assenti in quanto non ritualmente convocati>>.
A sua volta, l’art. 1130, 1 comma, n.6), c.c., prevede l’obbligo dell’amministratore di condominio di … curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell’edificio. Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.
Il legislatore ha, quindi, previsto che vadano eseguite determinate formalità compiute le quali certamente va di poi convocato solo il nuovo condomino.
Pertanto, nessun problema sorge nel caso in cui tutte le formalità vengano ritualmente compiute (con la comunicazione ufficiale dell’atto di trasferimento all’amministratore), giacché in tal caso dovrà essere convocato esclusivamente il nuovo proprietario (questo specifico argomento è stato da noi già affrontato in questo articolo: VENDITA DELL’IMMOBILE E DIRITTO DI PARTECIPAZIONE ALL’ASSEMBLEA).
Ma cosa accade se gli interessati non comunicano alcunché all’amministratore e questi non ne sa nulla ?
E cosa accade se, invece, l’amm.re ne viene comunque a conoscenza?
Facile rispondere alla prima domanda: l’amm.re, nulla sapendo, non potrà che convocare chi gli risulta essere attualmente ancora condomino; gli interessati (vecchio/nuovo condomino – alienante/acquirente) non potranno che imputare a loro stessi il fatto della mancata convocazione del nuovo proprietario, di certo non dovuta a colpa dell’ amm.re!
Un tale inossidabile principio è logico, prima ancora che giuridico, e risiede in vecchio un principio giurisprudenziale, secondo il quale: “Nell’ipotesi di alienazione di una porzione di edificio condominiale ad un nuovo soggetto, affinché questi si legittimi di fronte al condominio quale nuovo titolale interessato a partecipale alle assemblee, occorre almeno, pur nel silenzio della legge al riguardo, una qualche iniziativa, esclusiva dell’acquirente o concorrente con quella dell’alienante, che, in forma adeguata, renda noto al condominio detto mutamento di titolarità, senza di che, e fin quando ciò non avvenga, resta legittimato a partecipare alle delibere assembleari l’alienante”.
Oggi il silenzio della legge non vi è più, perché la questione è risolta nel punto 6) del 1° comma del’art. 1130 c.c..
Più problematica, invece, la questione sottesa alla seconda domanda.
Sul punto, registriamo oggi un recente arresto giurisprudenziale operato dalla seconda sezione del Tribunale di Firenze con la sentenza del 29 gennaio 2016.
A parere di alcune fonti, con tale arresto il Tribunale Firenze avrebbe deciso la necessità di convocare entrambi gli interessati (vecchio/nuovo condomino – alienante/acquirente); secondo altre, invece, il Tribunale avrebbe semplicemente ribadito il precedente orientamento per il quale, essendo l’acquirente di un immobile in condominio tenuto a comunicare per iscritto all’amm.re la variazione nella proprietà immobiliare, la mancanza di tale comunicazione renderebbe comunque valido l’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale al precedente proprietario.
In verità, la laconicità del testo della sentenza non consente di comprendere appieno il reale svilupparsi dei fatti su cui il Trib. di Firenze è stato chiamato a decidere.
Infatti, nella sentenza si da atto che il nuovo condomino era comunque presente in assemblea perché avvisato, ma non si dice espressamente da chi (se, cioè, dal precedente proprietario o dall’amm.re stesso), né si spiega il contegno tenuto in assemblea dal nuovo condomino (se, cioè, costui si sia limitato a presenziare senza discutere e votare su tutti i punti all’OdD per sua scelta, intendendo solo partecipare per contestare il procedimento di convocazione, ovvero gli sia stato impedito di discutere e partecipare alla votazione su tutti i punti dalla stessa assemblea condominiale perché alcuni riguardavano il precedente condomino, ovvero ancora abbia pure votato su alcuni punti e non su altri).
Per tale motivo qualche interprete ha ritenuto di poter intuire che -in tal caso- comunque l’amm.re avrebbe convocato entrambi, massimando la sentenza nel senso che l’amm.re dovrebbe convocare entrambi in questi casi.
Pare, invece, chiaro che l’amm.re -nel caso in commento- dovrebbe aver convocato solo il precedente proprietario e che questi abbia poi comunque avvisato il nuovo che, giunto in assemblea, si sia lamentato ivi di non essere stato convocato lui direttamente, e poi di non per votare solo lui in vece del vecchio condomino (che si ritiene abbia votato su questioni di suo diretto interesse).
Premesso che ci pare chiaro ed indiscutibile che in assemblea ci possa stare solo chi riveste la qualità di condomino, e non l’ex-condomino, il caso ci da comunque lo spunto per affrontare alcune problematiche che la normativa (e la sentenza) lasciano irrisolte.
Fermo il caso che se nulla di diverso risulta all’amm.re, infatti, costui non avrà altra possibilità che convocare il precedente proprietario (ma solo perché gli risulta ancora come attuale), è doveroso porsi due quesiti:
- che accade se i condomini non fanno le dovute comunicazioni del caso, ma l’amm.re viene comunque a conoscenza del trasferimento della proprietà?
- che accade se ne viene a conoscenza solo dopo la avvenuta convocazione, ed in particolare direttamente in assemblea?
In verità pare che, anche in tal caso, la conoscenza effettiva non possa che essere equiparata a quella legale nel senso che l’amm.re, una volta acquisita con certezza la consapevolezza del trasferimento di proprietà in capo a nuovi condomini, debba giocoforza convocare questi per la nuova assemblea, indipendentemente dall’aver o meno avuto comunicazione in forma scritta entro 60 giorni dai condomini stessi e dall’aver potuto aggiornare l’anagrafe.
Lo impone lo stesso punto 6) dell’art. 1130 c.c., quando dispone che L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili.
Poiché si parla non di informazioni scritte, ma di generiche informazioni, è chiaro che nel momento in cui l’amm.re abbia già acquisito certa consapevolezza dell’evento non possa far finta di ignorarla solo perché non abbia avuto la comunicazione scritta dagli interessati, visto che la informazione che poi dovrebbe acquisire per legge la ha già ricevuta.
Diverso il caso in cui tale informazione venga acquisita solo dopo aver messo validamente in moto il procedimento di convocazione.
E’ chiaro che in tal caso, salvo una opportuna e davvero auspicabile delega del vecchio condominio al nuovo che sanerebbe ogni questione, la unica scelta -forzata- è quella di ritenere che solo il precedente condomino possa partecipare all’assemblea, non avendo senso un rinvio della medesima per consentire la convocazione del nuovo, e dovendo anche in tal caso imputare a sé stessi (ovvero alla forza maggiore, ove la vendita avvenga il giorno prima dell’assemblea!), e non al condominio, il fatto della mancata convocazione del nuovo condomino.
Pertanto, ad una assemblea condominiale si deve sempre convocare il nuovo condomino, unico titolato a parteciparvi ancorché si tratti di questioni relative al precedente condomino; finché l’amm.re non sia venuto a conoscenza dell’evento che comporta il trasferimento della proprietà esclusiva, e quindi la perdita dello status di condomino, l’amm.re non potrà che convocare chi gli risulta ancora tale; l’amm.re dovrà invece convocare solo il nuovo condomino una volta che abbia comunque conosciuto l’evento successorio, e ciò anche indipendentemente dalla iniziativa degli interessati.
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