SCIOGLIMENTO CONDOMINIO PER ROVINA

Le parti comuni del condominio sono indivisibili, in conformità alla regola per cui lo scioglimento della comunione non può essere chiesto qualora si tratti di cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso cui sono destinate (art. 1112 cod. civ.).

In tal senso l’art. 1119 cod. civ. dispone che le parti comuni dell’edificio non sono soggette a divisione, salvo che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l’uso della cosa a ciascun condomino.

Vi sono alcune e particolari ipotesi di scioglimento del condominio.

La prima è prevista dagli artt. 61 e 62 disp. di att. cod. civ.

Tali norme prevedono che qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti a diversi proprietari si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato, e ciò proprio perché lo scioglimento può essere attuato senza rendere più incomodo l’uso della cosa.

Il condominio si estingue poi naturalmente qualora l’intero edificio venga acquistato da un solo soggetto. In questa ipotesi non vi è più distinzione tra unità in proprietà esclusiva e parti comuni, dato che la proprietà dell’intero edificio è di un unico soggetto.

La terza ipotesi di scioglimento del condominio prevista dal codice è quella regolata dall’art. 1128, che riguarda il caso de quo, di perimento totale dell’edificio.

L’ipotesi di cui agli artt. 61 e 62 disp. att. cod. civ. va tenuta ontologicamente distinta dalle altre due, in quanto in tal caso il condominio è sciolto ma per dar vita a più complessi immobiliari aventi le medesime caratteristiche. Negli altri casi, invece, vengono meno i presupposti dell’istituto, e cioè la presenza di diverse unità in proprietà esclusiva collegate tra loro dal rapporto con le parti comuni, venendo in un caso meno la pluralità dei comproprietari e nell’altro lo stesso edificio

Ipotesi naturale di scioglimento del condominio, prevista positivamente dal codice, è quindi quella del perimento dell’edificio per una parte che rappresenti almeno tre quarti del suo valore.

Il condominio postula la coesistenza di porzioni immobiliari in proprietà esclusiva con un regime di comunione pro indiviso avente a oggetto, tra l’altro, il suolo. Una volta perito, l’edificio, si estingue il rapporto di condominio «non tanto per il perimento della cosa quanto per il venir meno del bene ch’è oggetto di esso».

La giurisprudenza è della medesima opinione (Cass. 3 ottobre 1991, n. 10314; Cass. 22 settembre 1989, n. 3933; Cass. 5 giugno 1987, n. 4900).

Nell’ipotesi di perimento di un edificio in condominio, il condominio medesimo viene meno, e permane soltanto la comunione sul suolo, con la conseguenza che qualora il fabbricato venga ricostruito in maniera difforme rispetto a quello preesistente, il condominio non rinasce, e quanto edificato costituisce, invece, un’opera realizzata su suolo comune, come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e, quindi, da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo; tutto ciò salvo che gli effetti dell’accessione, prima del loro verificarsi, siano esclusi o modificati in conseguenza di un accordo tra le parti (cfr. anche Cass. 22 settembre 1989, n. 3933; Cass. 3 ottobre 1991, n. 10314; Cass. 19 gennaio 1994, n. 446; Cass. 23 febbraio 1999, n. 1543, Cass. 30 ottobre 2006, n. 23333, Cass. 17 luglio 2007, n. 15928; Cass. 20 maggio 2008, n. 12775).

La fonte di tale principio si rinviene nel disposto di cui all’art. 1128 cod. civ. secondo cui: «Se l’edificio perisce interamente o per una parte che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto.

Nel caso di perimento di una parte minore, l’assemblea dei condomini delibera circa la ricostruzione delle parti comuni dell’edificio, e ciascuno è tenuto a concorrervi in proporzione dei suoi diritti sulle parti stesse.

L’indennità corrisposta per l’assicurazione relativa alle parti comuni è destinata alla ricostruzione di queste.

Il condomino che non intende partecipare alla ricostruzione dell’edificio è tenuto a cedere agli altri condomini i suoi diritti, anche sulle parti di sua esclusiva proprietà, secondo la stima che ne sarà fatta, salvo che non preferisca cedere i diritti stessi ad alcuni soltanto dei condomini».

Va precisato che il codice, riferendosi al perimento, considera esclusivamente una distruzione accidentale dell’edificio.

Tale disciplina si applica quindi solo quando l’edificio sia perito per un caso fortuito quale terremoto, evento bellico, incendio, alluvione, e simili, e non mai quando l’evento derivi da un fatto doloso o colposo di un condomino o di terzi.

Alla comunione che sorge con il perimento dell’edificio e di cui sopra può porsi fine in tre modi distinti:

  • con la riedificazione dell’edificio, e quindi con una nuova costruzione del condominio;
  • con la vendita all’asta del suolo e dei materiali;
  • con lo scioglimento della comunione secondo quanto disposto dall’art. 720 cod. civ.

Secondo il disposto di cui all’art. 1128 cod. civ., quindi, salvo una diversa convenzione, con il perimento di tre quarti o più di un edificio il condominio deve considerarsi del tutto estinto, e permane unicamente la comunione pro indiviso del suolo. Perdurando unicamente la comunione sul suolo la maggioranza dei condomini non potrebbe deliberare la ricostruzione, in quanto tale operazione non può certo qualificarsi come un mero miglioramento del suolo ai sensi dell’art. 1108 cod. civ. Conseguentemente, ove il fabbricato venga ricostruito in maniera del tutto conforme al preesistente il condominio può considerarsi ripristinato, mentre qualora il fabbricato venga costruito in maniera difforme il condominio non rinasce e non può rinascere, e quindi quanto costruito va a costituire un’opera realizzata su suolo comune, e come tale soggetta alla disciplina dell’accessione, e quindi da attribuire secondo le quote originarie ai comproprietari del suolo.

La S.C. ha più volte precisato e specificato il principio di cui sopra, affermando tra l’altro, che il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell’edificio condominiale, determina l’estinzione del condominio per mancanza dell’oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione pro indiviso dell’area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell’edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell’accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell’area di risulta in proporzione delle rispettive quote (cfr. Cass. 20 maggio 2008, n. 12775).

(21 m.ti w-l)

TEAMACAI

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