E’ DECENNALE LA RESPONSABILITA’ ANCHE DI CHI RISTRUTTURA IL FABBRICATO

Importantissimo arresto della Suprema Corte che, con la sentenza n. 22553 del 04/11/2015, riprendendo alcune pronunce di merito, riconosce che anche per gli interventi su edifici già esistenti vale la garanzia ex art. 1669 c.c.

La Corte di Cassazione, con la indicata sentenza, statuisce quindi che la responsabilità ex art. 1669 c.c. può essere invocata con riguardo al compimento di opere ovvero -più precisamente- di interventi di modificazione o riparazione afferenti un preesistente edificio, in quanto l’etimologia del termine “costruzione” portata dal detto articolo non necessariamente deve essere riferita alla realizzazione iniziale del fabbricato, ma anche, come detto, alle opere successive realizzate sull’edificio già esistente, che abbiano i requisiti dell’intervento costruttivo.

La suprema Corte ricorda che il legislatore «discrimina tra “edificio o altra cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata”, da un lato, e “opera”, dall’altro. L’opera cui allude la norma non si identifica necessariamente con l’edificio o con la cosa immobile destinata a lunga durata, ma ben può estendersi a qualsiasi intervento, modificativo o riparativo, eseguito successivamente all’originaria costruzione dell’edificio, con la conseguenza che anche il termine “compimento”, ai fini della delimitazione temporale decennale della responsabilità, ha ad oggetto non già l’edificio in sé considerato, bensì l’opera eventualmente realizzata successivamente alla costruzione dell’edificio. Quanto ai difetti della costruzione, inoltre, l’etimologia del termine “costruzione” non necessariamente deve essere ricondotta alla realizzazione iniziale del fabbricato, ma ben può riferirsi alle opere successive realizzate sull’edificio pregresso, che abbiano i requisiti dell’intervento costruttivo”».

Pertanto, la responsabilità ex art. 1669 c.c. «ben può essere invocata con riguardo al compimento di opere (rectius di interventi di modificazione o riparazione) afferenti ad un preesistente edificio o ad altra preesistente cosa immobile destinata per sua natura a lunga durata, le quali, in ragione di vizi del suolo (su cui la nuova opera si radica) o di difetti della costruzione (dell’opera), rovinino, in tutto o in parte, o presentino evidente pericolo di rovina ovvero gravi difetti (anche essi riferiti all’opera innovativa, non già all’edificio pregresso). Con la conseguenza che anche gli autori di tali interventi di modificazione o riparazione (rectius gli esecutori delle opere integrative) possono rispondere ai sensi dell’art. 1669 cc. allorché le opere realizzate abbiano una incidenza sensibile o sugli elementi essenziali delle strutture dell’edificio ovvero su elementi secondari od accessori, tali da compromettere la funzionalità globale dell’immobile stesso».

Secondo il costante insegnamento della Cassazione, «l’estremo del grave difetto di costruzione, a differenza di quelli che determinano rovina totale o parziale dell’edificio, può anche consistere in una menomazione che, pur riguardando una parte soltanto dell’opera, incida sulla funzionalità della stessa, impedendole di fornire l’utilità cui è destinata per lungo lasso di tempo».

La suprema Corte ricorda che ai fini della responsabilità dell’appaltatore costituiscono gravi difetti dell’edificio «non solo quelli che incidono in misura sensibile sugli elementi essenziali delle strutture dell’opera, ma anche quelli che riguardano elementi secondari ed accessori (impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi, ecc.), purché tali da compromettere la funzionalità globale dell’opera stessa e che, anche senza richiedere opere di manutenzione straordinaria, possano essere eliminati finanche solo con gli interventi di manutenzione ordinaria indicati dalla lettera a dell’art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457 e cioè con “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici” o con “opere necessarie per integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti”».

(11 m.ti w-l)

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