INDIVISIBILITA’ DEL CORTILE PRIVATO AD USO CONDOMINIALE

Il cortile, anche se di proprietà privata, non è comunque divisibile se è asservito quale bene pertinenziale ai condomini.

E’ questo importante dictum della Cass. 4014 del 18-2-2020, per la quale:

-l’art. 1111 cod. civ. afferma che ciascuno dei comproprietari può sempre chiedere la divisione della comunione, ma questa norma va letta in connessione con quella immediatamente successiva dell’art. 1112 cod. civ., la quale esclude che tale divisione possa essere chiesta nel caso di beni che, se divisi, cesserebbero di servire all’uso a cui sono destinati;
-dunque la divisione del bene in comunione non è automaticamente conseguente alla domanda, dovendosi valutare i suoi effetti sulla destinazione d’uso;
-la destinazione d’uso di un cortile non è solamente quella principale, oggettiva, di fornire aria e luce, ben potendo i comproprietari decidere di ampliarne le modalità di utilizzo prevedendo delle funzioni accessorie che vanno ad integrare la destinazione d’uso (cfr.Cass n. 13879 del 2010; n. 621 1977);
-al riguardo la corte d’appello ritiene correttamente che tale destinazione d’uso poteva consistere in varie attività materiali, ulteriori rispetto a quelle consentite dalla servitù di passaggio, come l’apposizione di fioriere, il posteggio del veicolo, lo scarico di merci.., che sarebbero divenute impossibili, per gli altri compartecipi, se si fosse proceduto a divisione, con attribuzione della proprietà esclusiva al De Micco;
-al riguardo questa Corte ha la affermato che lo scioglimento della cosa comune può essere escluso dalla volontà dei comunisti di imprimere al bene una determinata caratteristica d’uso, solo quando siffatta volizione trovi attuazione in una situazione materiale che, venendo meno con la divisione, determini la perdita della possibilità di usare ulteriormente la cosa in conformità della sua convenuta destinazione (cfr. Cass. n. 5261/2011; id.n. 7274/2006, n. 4176/1983; n. 937/1982);
-conseguentemente, se anche si esclude la natura condominiale del bene, esso non è comunque da ritenersi divisibile ex art. 1112 cod. civ. (cfr. Cass. n. 989/1967; n.708/1970);

La sentenza in commento, francamente, non convince; giuridicamente non v’è differenza tra il diritto di proprietà esclusivo ed il diritto di comproprietà, anche di fatto. Cioé, gli impedimenti immaginati dalla Suprema Corte ben potrebbero essere attuati sul cortile anche da tutti i comunisti, anziché dal proprietario esclusivo, per cui non si vede come l’appartenenza di tale bene ad uno solo comporti di per sé una variazione funzionale del bene che ne impedirebbe la divisione. E’ proprio il dogma per cui passando la proprietà da più a uno la funzione debba ipso facto mutare che rende fragile il ragionamento della Corte, apparendo invece chiaro che il vincolo di destinazione impresso al bene privato impedisca anche all’ulteriore avente causa (il condividente proprietario esclusivo) di mutarlo unilateralmente dopo.
(10 m.ti w-l)

il Presidente di Acai

avv. Alessandra Leone

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