Il condominio che, per ordine della P.A., si veda costretto a smaltire una canna fumaria posta sulla facciata perimetrale, ma di proprietà di un condomino, ha diritto a ripetere quanto speso dal proprietario dell’unità immobiliare di cui la canna fumaria è pertinenza.
Il caso: un condominio convenne alcuni condòmini dinanzi al Tribunale chiedendo di condannare i convenuti al pagamento della spesa di C 10.360,00, sostenuta dall’attore per la rimozione, in ottemperanza ad ordinanza sindacale, di una canna fumaria di proprietà dei convenuti, realizzata in tubi di cementoamianto sulla facciata dell’edificio.
I convenuti si difendevano dichiarando che la canna non era da tempo più al servizio della loro unità immobiliare, che avevano da poco acquistato, essendo stata staccata dal precedente proprietario prima della vendita.
I Giudici del merito accoglievano la domanda.
La questione giunge alla Cassazione che, nel rigettare il ricorso, così si pronuncia:
Deve considerarsi che la controversia in esame non attiene in via principale all’accertamento della proprietà della canna fumaria, quanto all’individuazione di chi debba sostenere la spesa occorsa per la sua rimozione dalla facciata condominiale in ottemperanza ad ordine della pubblica autorità. Opera allora il principio per cui, in tema di condominio negli edifici, in ipotesi di spese inerenti alle parti comuni, le stesse sono ascrivibili ad uno o ad alcuni dei condomini, e non invece ripartite secondo le regole generali, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, soltanto ove sia accertata in sede giudiziale la responsabilità del singolo partecipante, il quale deve perciò assumere l’onere del relativo ripristino (Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10053; Cass. Sez. 2, 22/07/1999, n. 7890).
Come allora già più volte affermato in giurisprudenza, con riguardo ad edificio in condominio, una canna fumaria, appoggiata alla facciata del fabbricato, non è necessariamente di proprietà comune, ben potendo appartenere ad uno solo dei condomini, ove sia destinata a servire esclusivamente l’appartamento cui afferisce, costituendo detta destinazione titolo contrario alla presunzione legale di comunione.
Per superare tale presunzione, nascente dall’art. 1117 c.c., è dunque necessario dare prova che essa sia pertinente ad unità immobiliare di proprietà esclusiva (Cass. Sez. 2, 29/08/1991, n. 9231; Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350).
Negli stessi argomenti adoperati dai ricorrenti a sostegno della loro censura, si espone, appunto, che la canna fumaria oggetto di lite fosse stata collegata, per la sua specifica funzione di scarico dei fumi, al forno che era utilizzato per l’attività di panificio esercitata in precedenza nell’immobile di attuale proprietà esclusiva dei condomini.
In tal modo, si dà per dimostrato che la canna fumaria, della quale è stata disposta la rimozione, fosse in origine oggettivamente destinata, per le sue caratteristiche, a servire in via esclusiva l’unità immobiliare poi acquistata dai ricorrenti il 23 aprile 1987: ciò, secondo l’insegnamento di principio offerto da Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449, vale a dire inoperante la “presunzione” di condominialità stabilita dall’art. 1117 c.c. riguardo all’impianto in questione.
In tal senso si spiega, perciò, la decisione della Corte d’appello, la quale ha concluso che la proprietà della canna fumaria “è da considerarsi radicata in capo ai proprietari del piano terra, essendo stata compiutamente acquisita … la pacifica prova che la pregressa destinazione funzionale della canna fumaria era posta all’esclusivo servizio dei locali, siti al piano terra, adibiti a panificio”.
Né può rilevare, al fine di ripristinarne la comproprietà, il dato fattuale che l’iniziale destinazione pertinenziale della canna fumaria rispetto all’unità immobiliare fosse poi materialmente cessata ancor prima del loro acquisto, rendendosi il forno “indipendente” dal locale terraneo. Una volta ravvisato un rapporto di pertinenzialità, a norma dell’art. 817 c.c., tra una canna fumaria ed una porzione di proprietà esclusiva compresa in un edificio condominiale, la cessazione di tale vincolo avviene, invero, unicamente nei limiti dettati dall’art. 818 c.c., ovvero non facendo meramente venir meno il rapporto di connessione materiale con la cosa principale (e cioè mediante l’asportazione parziale dell’impianto ipotizzata dai ricorrenti), quanto elidendo il rapporto economico e giuridico di strumentalità e complementarità funzionale corrente tra le distinte res; con la conseguenza comunque che, nel caso di specie, il dante causa si sarebbe -al più- così riservato la proprietà della canna fumaria, determinando la cessazione del vincolo pertinenziale ai sensi dell’art. 818 c.c., e non certo che lo stesso impianto fosse stato in tal modo “restituito” alla proprietà condominiale.
La sentenza illustra che una canna fumaria di proprietà esclusiva e privata, perché in uso ad un solo condomino, e quindi mai condominiale, di certo non può divenire tale per fatto unilaterale di un singolo che poi decide di staccarsi da tale canna. Non essendosi il vecchio proprietario allora riservato la proprietà di tale canna fumaria, essa si è trasferita di diritto in proprietà ai nuovi condomini, che devono per ciò stesso rispondere della spesa sostenuta per la sua eliminazione.
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il Presidente di Acai
avv. Alessandra Leone