In tema di cessazione, recesso o risoluzione di contratti aventi ad oggetto l’utilizzazione economica dell’immobile oggetto di comunione, vige il principio della concorrenza dei pari poteri gestori in tutti i comproprietari, in forza del quale ciascuno di essi è legittimato ad agire, anche in giudizio – e senza che sia all’uopo necessaria una autorizzazione degli altri compartecipi – contro chi pretenda di avere un diritto di godimento sul bene, sulla base della comunanza di interessi tra tutti i partecipanti alla comunione e della conseguente presunzione di un loro consenso all’iniziativa volta alla tutela di detti interessi, salvo che si deduca e si dimostri, a superamento di tale presunzione, il dissenso della maggioranza dei partecipanti stessi (cfr. Cass. 2.8.2004, n. 14722)
In applicazione del principio di cui sopra, la Suprema Corte ha confermato la sentenza che aveva ritenuto idonea a provocare la cessazione del contratto affitto di fondo rustico la disdetta inviata da uno solo dei due comproprietari, ancorché questi non avesse espressamente dichiarato di agire anche in nome e per conto dell’altro (Cass. 26.3.1983, n. 2158; Cass. 27.12.2016, n. 27021).
E’ questo il principio ribadito infine dalla Cassazione 11971 del 7 maggio 2019, con cui si è confermata la sentenza della Corte di Appello di condanna -di E-Distribuzione SPA- alla rimozione di una cabina elettrica collocata in un vano condominiale in forza di un contratto siglato con la cooperativa edilizia per la costituzione di un diritto d’uso di tale vano, con disdetta in rapporto alla siglata convenzione di poi inoltrata solo da alcuni condomini.
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(3 m.ti w-l)
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